CONSULTA, NO AD USO DEI CACCIATORI PER IL CONTROLLO DELLA FAUNA

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La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 44 della legge regionale n.10 del 2004 sulla caccia, nella parte in cui, al quinto periodo del comma 2, statuisce che le guardie venatorie, nel dare attuazione ai piani di abbattimento di specie di fauna selvatica, “possono avvalersi”, tra l’altro, anche “dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione”, e annovera questi ultimi, alla lettera c) del comma 6, fra coloro che attuano tali piani. A sollevare la questione di legittimita’ costituzionale era stato il Tar per l’Abruzzo nell’ambito del ricorso presentato da Enpa, Lega antivivisezione (LAV) e Lega nazionale per la difesa del cane (LNDC), per ottenere l’annullamento della delibera del presidente della Provincia di Teramo del 10 marzo 2016, n. 92, con cui l’ente ha adottato il piano di controllo triennale 2016/2018 delle popolazioni delle volpi, adottata in attuazione dell’art. 44 della legge della Regione Abruzzo n. 10 del 2004.
In altre pronunce rese su norme di leggi regionali di contenuto sostanzialmente corrispondente alla norma regionale abruzzese oggetto del giudizio, la Corte aveva già affermato ha affermato che «l’elenco contenuto nella norma statale, con riguardo alle persone abilitate all’attività in questione [di realizzazione dei piani di abbattimento della fauna selvatica], è tassativo» (sentenza n. 139 del 2017) e che «una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente» (sentenza n. 139 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 174 del 2017 e n. 107 del 2014; ordinanza n. 44 del 2012).
La Consulta inoltre ha già avuto modo di rilevare che la norma richiamata non attiene alla caccia, poiché disciplina un’attività, l’abbattimento di fauna nociva, che non è svolta per fini venatori, ma «a fini di tutela dell’ecosistema» (sentenza n. 392 del 2005), com’è dimostrato dal fatto che è presa in considerazione dalla norma statale solo come extrema ratio, dopo che i metodi ecologici non sono risultati efficaci.
“Nella parte in cui ha introdotto un elenco tassativo di soggetti autorizzati all’esecuzione di tali piani di abbattimento, in cui, diversamente da quanto era precedentemente previsto, non sono compresi i cacciatori che non siano proprietari o conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi” – argomentano i giudici – la legge nazionale sulla caccia “mira a «evitare che la tutela degli interessi (sanitari, di selezione biologica, di protezione delle produzioni zootecniche, ecc.) perseguiti con i piani di abbattimento trasmodi nella compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche ancorché nocive» (sent. n. 392 del 2005), in linea, peraltro, con la più rigorosa normativa europea in tema di protezione delle specie selvatiche (direttiva 79/409/CEE) del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici”.Quindi “la norma regionale censurata, nella parte in cui estende a tutti i «cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione», la possibilità di partecipare alla realizzazione dei suddetti piani di abbattimento, altera il contemperamento di interessi delineato dal legislatore statale nell’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, che realizza uno standard minimo uniforme di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e conseguentemente viola la relativa sfera di competenza statale”.

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