Il rischio-acidificazione trova le prime conferme
Suona l’allarme per le conchiglie che vivono in Antartide, nell’Oceano Meridionale, i cui gusci si stanno progressivamente dissolvendo. Secondo gli esperti dell’ente britannico per la ricerca British Antarctic Survey, questa è la prima manifestazione degli effetti dell’acidificazione degli oceani dovuta alla presenza di una quantità sempre maggiore di anidride carbonica. I primi dati sul fenomeno sono stati pubblicati sulla rivista Nature Geoscience.
Si calcola che circa un quarto dell’anidride carbonica (CO2) presente nell’atmosfera vada a finire negli oceani, trasformandosi in acido carbonico. Gli effetti di questo processo cominciano per la prima volta a diventare evidenti nei molluschi che vivono nelle acque più superficiali dell’Oceano Meridionale attorno all’Antartide, il più piccolo e il più a Sud dei cinque oceani della Terra.
Il coordinatore dello studio, Geraint Tarling, ha studiato i gusci di cinque molluschi vivi e ha notato “segni significativi di dissoluzione”. In sostanza, l’acido carbonico starebbe letteralmente sciogliendo le conchiglie dei molluschi. Responsabile del danno, a detta degli esperti, è il mix generato dalla combinazione della maggiore acidità delle acque di superficie (alimentata dalla CO2 atmosferica) e quella delle acque profonde. E non solo: gli autori sono anche convinti che la situazione potrebbe precipitare nell’arco di pochi decenni, già entro il 2050.
Nell’arco di pochi secoli, ancora, il processo di acidificazione “indebolirà la capacità di costruire il proprio guscio protettivo in organismi come coralli, vongole, chiocciole, ricci di mare e alcune alghe calcaree”, spiega in un commento nello stesso numero della rivista il biologo marino Justin Ries, dell’università del North Carolina.
Quello che si teme, rileva l’esperto, è il cosiddetto “effetto farfalla”, cioè la possibilità che i piccoli cambiamenti appena osservati nell’oceano Antartico possano aumentare progressivamente, con effetti importanti sull’intera fauna marina.