Piccoli pesci, granchi e polipi restano impigliati in guanti e mascherine sul fondo del mare mentre i macachi li scambiano per cibo e rimangono soffocati. E ancora il laccio di una mascherina ha bloccato, per una settimana, le zampe di un gabbiano in Gran Bretagna. Come riporta Askanews sono questi alcuni dei rischi dei Dpi (Dispositivi di protezione individuale) smaltiti scorrettamente. I dispositivi di protezione individuale, accessorio quotidiano indispensabile in tutto il mondo per proteggersi dal coronavirus si stanno rivelando sempre di più un pericolo mortale per la fauna marina e selvatica. L’impatto maggiore – riporta sempre Askanews – è in acqua. Secondo il gruppo ambientalista OceansAsia l’anno scorso oltre 1,5 miliardi di mascherine hanno inquinato gli oceani. Circa 6.200 le tonnellate in più di inquinamento marino da plastica. Un problema che non riguarda solo gli animali marini più grandi, spiega George Leonard, a capo della Ong statunitense Ocean Conservancy: “Il problema è che l’intero ecosistema è a rischio, perché quando queste materie plastiche si rompono nell’ambiente formano particelle sempre più piccole e queste possono avere un impatto praticamente su tutta la rete alimentare, dagli animali più piccoli a quelli più grandi”. Associazioni e ambientalisti invitano a usare mascherine lavabili e riutilizzabili in tessuto o quantomeno a smaltire correttamente quelle monouso e a tagliare i lacci per fermarle dietro alle orecchie.
(Macaco, foto di repertorio)