Il fiuto dei cani anti-Covid riesce a riconoscere le persone infette dal virus SarsCoV2 con un’accuratezza pari, se non addirittura superiore, a quella dei tamponi rapidi: per questo rappresenta una valida alternativa non invasiva per ridurre la diffusione del contagio in ambienti ad alto rischio come aeroporti, scuole e trasporti pubblici. Lo dimostra uno studio dell’Università Statale di Milano coordinato da Mariangela Albertini e condotto in collaborazione con i tecnici cinofili di Medical Detection Dogs Italy (Mddi). I risultati sono pubblicati su Scientific Reports. La sperimentazione è cominciata con tre cani, Nala, Otto ed Helix, che sono stati addestrati in laboratorio a rilevare la presenza del virus SarsCoV2 in campioni di sudore prelevati da persone infette. Al termine dell’addestramento i cani hanno raggiunto in media una sensibilità del 93% e una specificità del 99%, mostrando un livello di accuratezza altamente concorde con quello della Rt-PCR utilizzata nei test molecolari e una riproducibilità nel tempo da moderata a forte. Nella seconda fase dello studio, Nala e altri quattro cani (Nim, Hope, Iris e Chaos) sono stati addestrati dai tecnici cinofili di Mddi a riconoscere la presenza del coronavirus annusando direttamente le persone. Per imparare questo compito, e poi per dimostrare l’acquisizione di questa capacità, i cani hanno lavorato nelle farmacie, annusando le persone in attesa di fare il tampone, e nelle quali segnalavano la presenza o meno del virus. In questa fase, l’accuratezza dei cinque Cani è risultata molto al di sopra del minimo richiesto dall’Oms per i tamponi rapidi per SarsCoV2. Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio affermano che la performance dei cani come test di screening per identificare le persone positive è soddisfacente e paragonabile, se non superiore, a quella di un test di screening standard, col vantaggio, tra gli altri, di non arrecare i fastidi provocati dal tampone nasofaringeo.