CACCIA, POLEMICHE SUL “VALORE ECONOMICO” STIMATO DA NOMISMA

CACCIA, POLEMICHE SUL “VALORE ECONOMICO” STIMATO DA NOMISMA

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“Mai come oggi i cacciatori possono contare su una congiuntura così favorevole alla deregulation venatoria, grazie alla spinta propulsiva di un governo e di un Parlamento schiacciati su posizioni filovenatorie e di amministrazioni locali altrettanto benevole. E’ dunque scontato che i cacciatori tentino di accreditarsi presso l’opinione pubblica, tuttavia il rapporto presentato oggi da Federcaccia non è una indagine scientifica ma una ricerca ideologica e militante, che nulla dice in merito ai costi umani, sociali e ambientali connessi all’attività venatoria”. L’Enpa liquida in poche parole il rapporto commissionato a Nomisma da Federcaccia sul “valore economico” dell’attività venatoria.
Secondo il rapporto, presentato oggi in Senato, il settore è “sempre più etico e sostenibile” e può “generare un valore di circa 8,5 miliardi di euro annui per la collettività in termini economici e ambientali”. Nel dettaglio, la Caccia sarebbe in grado di generare 708 milioni di euro di valore naturale grazie alle attività esercitate per il mantenimento delle aree umide e degli habitat e, in particolare, verso la tutela delle aree naturali protette rese possibili grazie ai finanziamenti del mondo venatorio. A questi si sommerebbero 20 milioni di euro di valore agricolo derivanti dalle spese sostenute dagli Ambiti Territoriali di Caccia per risarcire gli agricoltori dai danni provocati da alcune specie selvatiche e/o per adottare relative misure di prevenzione. Sarebbero invece 75 milioni di euro i risparmi che derivano dalla riduzione dell’impronta ecologica e idrica prodotte dalla filiera della carne grazie alla sostituzione della carne da allevamento intensivo con selvaggina cacciata. Il valore socio-sanitario del comparto, che corrisponde in termini monetari al danno evitato per minori ospedalizzazioni e decessi legati agli effetti degli antibiotici nelle carni d’allevamento o per incidenti con le specie invasive, è invece stimato in 124 milioni di euro. Infine, considerando il valore economico correlato al settore armiero e alla domanda di prodotti per l’esercizio dell’attività venatoria, dalla ricognizione della letteratura di settore emerge un valore pari a 7,5 miliardi di euro.
“Al di là dei calcoli ragionieristici con cui si cerca di valorizzare ciò che non può mai avere valore – commenta Enpa – è opportuno e doveroso ricordare che le battute di caccia non sono passeggiate di salute tra i boschi, ma attività nocive che causano la morte di altri esseri viventi. Animali selvatici (a milioni), certo, ma anche uomini. Nella sola stagione 2022-2023 – ricorda Enpa citando dati dell’Associazione Vittime della caccia- le doppiette hanno ucciso 19 persone, ferendone altre 60. “Per completezza di informazione – prosegue Enpa – è doveroso ricordare che gli ‘incidenti’ di caccia hanno costi umani e sociali elevatissimi, anche in termini economici considerando le indagini della magistratura e delle pubblica autorità, gli interventi di recupero e soccorso, le cure mediche, i processi, solo per ricordarne alcuni”. A questi costi bisogna poi aggiungere quelli relativi alle possibili procedure di infrazione che gravano sull’Italia proprio per la violazione delle norme europee sulla caccia. Ma anche di questo nel rapporto Nomisma sembra non esserci traccia. E che dire poi dei danni ambientali causati dall’attività venatoria? Nulla viene detto infatti in merito al gravissimo inquinamento ambientale prodotto dalle cartucce al piombo che uccide gli animali selvatici avvelenandoli. Al riguardo è doveroso ricordare che il governo italiano cerca di eludere le norme europee di divieto appena varate”.

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