CLIMA, L’ASSEMBLEA DELL’ONU SI RIVOLGE ALLA CORTE DELL’AIA

Adire la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia per stabilire obblighi e responsabilità degli Stati nel riscaldamento climatico e determinare in che modo i governi devono tutelare le comunità dagli effetti di questo fenomeno: è quanto hanno stabilito ieri i Paesi all’Assemblea generale delle nazioni Unite, che con una risoluzione adottata a larga maggioranza hanno accolto una proposta partita dagli studenti delle Isole Fiji due anni fa. L’Arcipelago del Pacifico è da anni tra i Paesi in prima linea nel denunciare che l’emergenza climatica è una minaccia concreta per la vita delle popolazioni. Nelle Fiji in particolare, il surriscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacci sta drammaticamente innalzando il livello dei mari, col rischio di fare scomparire sott’acqua città e villaggi.
Sul testo intitolato “Richiesta di parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi degli Stati in materia di cambiamento climatico”, l’Assemblea ha deciso di chiedere alla Corte di pronunciarsi sugli obblighi degli Stati, ai sensi del diritto internazionale, di garantire la protezione del sistema climatico dalle emissioni antropiche di gas serra. la risoluzione richiede inoltre il parere della Corte sulle conseguenze giuridiche derivanti dagli obblighi per gli Stati in cui, con i loro atti e le loro omissioni, hanno causato un danno significativo al sistema climatico nei confronti degli Stati, e in particolare dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo e delle persone dell’attuale generazione e di quelle future.
“Oggi tutti insieme avete scritto la storia”, il commento entusiasta del segretario generale dell’Assemblea ONU Antonio Guterres, che al termine della votazione ha evidenziato la necessità dei governi di “prendere le misure climatiche più coraggiose e più forti di cui il mondo ha così disperatamente bisogno”. Le sentenze della Corte internazionale di Giustizia non sono vincolanti ma hanno un peso legale, politico e morale non secondario: possono costituire infatti la base per inchieste e sentenze dei tribunali nazionali e ispirare le azioni delle istituzioni politiche e della società civile dei Paesi. Più fredda invece la reazione dei rappresentanti di Stati Uniti e Cina, tra i principali Paesi a emettere Co2 nell’atmosfera, che hanno votato contro la risoluzione. “Oggi abbiamo assistito a un’epica vittoria per la giustizia climatica” ha dichiarato invece Ishmael Kalsakau, il primo ministro dell’arcipelago di Vanuatu, non lontano dalle Fiji, che nelle ultime settimane ha subito due potenti cicloni e maggio scorso ha proclamato lo Stato d’emergenza climatica.
La risoluzione approvata dall’Assemblea, che dovrebbe prevedere unarisposta dell’Aia entro il 2025, contiene anche elementi legali nuovi mai citati in altri testi come il principio dell’equità intergenerazionale in termini di cambiamento climatico nonché gli obblighi nei confronti dei piccoli Stati insulari, tra i più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale. Ma a pagare il costo del clima che cambia non sono solo i Paesi ma anche le comunità e i gruppi più vulnerabili, come ad esempio bambini e adolescenti. Nelle ultime ore, il Fondo Onu per l’Infanzia (Unicef) ha avvertito che nel mondo 1 miliardo di bambini – circa la metà della popolazione infantile mondiale – è esposto a rischio estremamente alto a causa di una combinazione letale di elevata esposizione a pericoli climatici e servizi essenziali insufficienti per aiutarli ad affrontarli. Stando all’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), poi, ben 450 milioni di bambini vivono in aree ad alta o estremamente alta vulnerabilità idrica mentre 27 milioni di bambini sotto i cinque anni affrontano una grave insicurezza alimentare legata alla siccità.

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