CUSTODIRE LA TERRA?

di
Danilo Selvaggi (Lipu-Birdlife)

Al Senato è in discussione un disegno di legge, dal titolo “Disposizioni per il riconoscimento della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio e per l’istituzione della Giornata nazionale dell’agricoltura”, che fa intuire la visione alternativa dell’ambientalismo con cui dovremo confrontarci, in questi tempi complessi.

Presentato dalla Lega, con firme di prim’ordine tra cui quelle dell’ex Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, di Massimo Garavaglia e di Erika Stefani, il Ddl ha la finalità generale di affermare che l’ambiente e l’ecosistema si “sostengono e tutelano anche attraverso il riconosci­mento della figura dell’agricoltore come cu­stode dell’ambiente e del territorio”.

Un concetto per certi versi ineccepibile e anzi doveroso, vista la necessità di ricomprendere l’attività agricola nella più ampia attività ambientale e l’urgenza di spingere per una conversione ecologica dei modelli che l’agricoltura ha progressivamente affermato, a discapito della biodiversità. Modelli industriali, gigantisti, impattanti, spesso devastanti. Ma è davvero questo ciò che il disegno di legge promuove? Il cambio di teoria e pratica dell’agricoltura verso un futuro autenticamente biofriendly?

In realtà, i dieci articoli della proposta di legge sembrano suggerire altro: un’idea tradizionalista dell’agricoltura, in cui la sola biodiversità da difendere è la biodiversità ru­rale e il rapporto tra l’agricoltore e il territorio resta quello di chi, sostanzialmente, gestisce e controlla. L’azione di un dominus. L’assenza, in tutto il disegno di legge e nell’introduzione che lo accompagna, di qualsivoglia riferimento alla natura, agli insetti, agli uccelli agricoli, alla piccola e grande fauna, agli habitat naturali, cioè al grande teatro naturale in cui l’agricoltura si colloca, è indicativo della filosofia della proposta, lontana dall’ecologia e ancora fortemente antropistica, umanistica nel senso negativo del termine.

E’ interessante il riferimento che, nella premessa al disegno di legge, i firmatari fanno a Papa Paolo VI e alle sue parole del 1951 (quando fu istituita la Giornata di ringraziamento al coltivatore diretto) circa le “tradizioni sanamente familiari e l’e­redità di valori sacri, tramandata di padre in figlio come un tesoro prezioso». Valori nei quali, evidentemente, la natura non c’è.

Eloquente, peraltro, che il riferimento culturale del Ddl sia appunto a Paolo VI e non a Papa Francesco, che con la Laudato si’ ha invece aperto a un pensiero nuovo, la cui chiave non è la mera riproposizione di ciò che è stato, come se le soluzioni ai grandi problemi del mondo siano tutte e solo nel passato, ma la costruzione di un futuro in cui la tradizione e il ruolo dell’agricol­tura (“nelle sue fasi di semina, cura, at­tesa e raccolto …essenza della vita”, come dice l’articolo 5 del Ddl) si affianchino ecologicamente alla scoperta che la vita non è solo la nostra, la Terra non è solo la nostra, il Pianeta è un luogo di relazioni, convivenze, esigenze diffuse che non possiamo più ignorare.

In realtà, l’agricoltore-custode immaginato dalla Lega è una figura che se da un lato intende smarcarsi dall’approccio business as usual dell’agricoltura multinazionale, dall’altro non ha alcuna intenzione di abbracciare le nuove frontiere dell’agroecologia, i concetti dell’agricoltura davvero amica della natura, andando invece a individuare una sorta di terza posizione, la cui filosofia è quella del Back to the old times, il ritorno ai bei vecchi tempi: l’essere umano saldamente al centro e il resto intorno, ad adeguarsi.

Eppure, la straordinaria importanza dell’agricoltura per il futuro del Pianeta fa il paio con il bisogno che l’agricoltura cambi davvero. La scomparsa degli uccelli agricoli e degli insetti impollinatori, le modalità di convivenza con i grandi carnivori, la banalizzazione degli habitat naturali e del territorio, il persistente abuso di pesticidi e fertilizzanti chimici, il suolo sempre più stressato da monocolture e intensivo, la forzatura dei limiti planetari, la qualità del cibo e del paesaggio, il bisogno di maggiore equità sociale sono questioni che non possono più essere più ignorate e che devono trovare risposta, a partire dall’approvazione delle riforme che, anche in campo agroecologico, sono in discussione in Italia e in Europa.

Alla luce di questo, non solo il disegno di legge della Lega non basta e forse non funziona, ma è lo stesso concetto di “custodia” che andrebbe ripensato e forse messo in discussione. La Terra non l’abbiamo avuta in custodia. Ce la siamo presa. Oggi è tempo di restituirla, cioè di restituire il di più, dando il via ad una pratica diversa, a una diversa relazione, a una nuova, più sensibile e più intelligente modalità di cura.

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