di
Danilo Selvaggi*
“Laudate Deum”, la nuova Esortazione apostolica di Papa Francesco, rappresenta un aggiornamento dell’enciclica “Laudato si”, di cui riprende molti passi, e una nuova posizione forte della Chiesa cattolica sulla questione ecologica. E’ un documento rilevante per chiunque, credente o laico che sia.
L’esortazione punta molto sulla tema della crisi climatica (il sottotitolo è “A tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica”), entrando in aspetti tecnico-scientifici e sottolineandone la gravità, le difficoltà a dare risposte (in primis i fallimenti delle COP) e la necessità impellente di farlo.
Ma le risposte, scrive il Papa, non possono essere soltanto di stampo tecnologico. Cambio di stili di vita, etica, equità, cura della Terra, economia diversa, governance multilaterale sono le coordinate da seguire per affrontare la crisi finalmente in modo serio. Cioè, la “Politica dell’Uomo”, come direbbe Edgar Morin, prima ancora che i suoi strumenti.
Al “paradigma tecnocratico”, che è “alla base dell’attuale processo di degrado ambientale”, l’esortazione muove una critica pesante. Il paradigma tecnocratico, da non confondere con la tecnologia in quanto tale (il che vorrebbe dire poco), è la convinzione che la tecnologia costituisca il fondamento della nostra vita, “come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia”.
Da questa concezione errata, scrive il Papa, deriva un’immagine di natura da soggiogare e “l’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia”, nonché “di un essere umano senza limiti, le cui capacità e possibilità si potrebbero estendere all’infinito grazie alla tecnologia”.
“Contrariamente a questo paradigma – scrive il Papa – diciamo che il mondo che ci circonda non è un oggetto di sfruttamento, di uso sfrenato, di ambizione illimitata [e] che la natura [non è] una mera cornice in cui sviluppare la nostra vita e i nostri progetti, perché siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati… Ciò esclude l’idea che l’essere umano sia un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente. Dev’essere considerato parte della natura. La vita, l’intelligenza e la libertà dell’uomo sono inserite nella natura… fanno parte delle sue forze interne e del suo equilibrio”.
Di fronte al “meraviglioso concerto di tutti gli esseri”, aggiunge il Papa, “oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un <>. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale”.
Questi ultimi passaggi, che ai nostri occhi possono anche apparire scontati, confermano una visione lontanissima dalla tradizione cattolica maggioritaria e dai tentativi di nuovo creazionismo che pure si stanno diffondendo, secondo il quale il posto dell’essere umano sulla Terra è privilegiato (ovvero deve tornare ad esserlo) e al tempo stesso irrilevante (nel senso che non è la natura il nostro vero interlocutore). E invece no, dice Papa Francesco: noi siamo parte della natura, pienamente. Siamo “situati”. Lo siamo con “la vita, l’intelligenza e la libertà”.
Sebbene il Papa (più avanti) parli di “realtà non meramente naturale” (giacché “piena di Dio”), le conseguenze teologiche e culturali di queste affermazioni sono notevoli. Di più, sono potenzialmente dirompenti.
Un’ampia attenzione è data anche al grande tema della governance, la governance globale della crisi, nel senso della necessità di un vero multilateralismo, se non cosmopolitismo, per affrontare la questione ecologica. Così come molta attenzione è data al binomio “azione dal basso/azione della politica” quale chiave di volta. Servono entrambe, dice il Papa: serve l’impegno di ognuno di noi, perché “non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali nelle persone”, ma anche una politica più coraggiosa, più avanzata e di qualità. “Le soluzioni più efficaci – dice il Papa, senza temere uno sguardo realistico – verranno soprattutto dalle grandi decisioni della politica nazionale e internazionale”.
E a proposito di politica: un passaggio del documento merita di essere sottolineato. Si tratta di una vera e propria invettiva che Papa Francesco lancia contro quei progetti locali che, in nome dello sviluppo (del “progresso locale”), aggrediscono la natura e raggirano le persone.
“Quando si pensa di avviare un progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso locale che si potrà generare o delle opportunità economiche, occupazionali e di promozione umana che questo comporterà per i loro figli. Ma in realtà manca un vero interesse per il futuro di queste persone, perché non viene detto loro chiaramente che in seguito a tale progetto resteranno una terra devastata, condizioni molto più sfavorevoli per vivere e prosperare, una regione desolata, meno abitabile, senza vita e senza la gioia della convivenza e della speranza; oltre al danno globale che finisce per nuocere a molti altri”.
E’ un paragrafo potentissimo, che inevitabilmente ci rimanda ai tanti disastri compiuti o in corso, un po’ dovunque anche nel nostro paese: montagne devastate, appennini devastati, paesaggi feriti, piste da sci senza neve, autostrade in cui non passano automobili… Cattedrali nel deserto, progetti spesso inutili e comunque dannosi, incluse certe cattive localizzazioni degli impianti da energia rinnovabile che pure, purtroppo, esistono e non fanno bene né alla natura né al clima. Anche su questo la politica, l’impresa e l’intera società, “le persone di buona volontà” sono chiamate a cambiare, a migliorare, e di molto.
Questo ed altro ancora dice la nuova testimonianza ambientale di Papa Bergoglio, a otto anni dalla Laudato si’ e in un momento in cui la questione ecologica, tra Green Deal, Restoration Law, crisi climatica, delle risorse, della biodiversità, sta scalando le agende e diventando centrale. Così centrale da generare reazioni violente, violentissime, di ogni sorta, e da farci capire quale sfida immane ci attende, nel prossimo futuro.
Il messaggio di Papa Francesco è che un miliardo e mezzo di cattolici dovrebbero prendere sul serio questa sfida. Farla propria e impegnarsi a fondo. Il messaggio è anche una “esortazione” a che facciano lo stesso gli attori di primo piano sulle scene, a cominciare dai grandi contesti politici, nazionali e internazionali. Che finalmente maturino. Capiscano cosa sta accadendo. Anzi, avendolo almeno in parte capito, agiscano come dovere.
“Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, verde, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici” La questione ecologica è importante, dice Francesco. Per certi versi è la faccenda più importante di tutte. E’ la “cosa comune” della “Casa comune”
Nel giorno di San Francesco, data di pubblicazione del documento, non poteva mancare, infine, un riferimento agli uccelli. Anzi, è proprio da questo che l’esortazione prende avvio, letteralmente e concettualmente. Da un passaggio di Luca (12,6) sul valore di ogni singolo uccello.
“Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio”.
Letto laicamente, questo passo ci dice che i passeri (che stanno peraltro diminuendo: -60% la loro presenza in campagna dal 2000 ad oggi) non sono merce, non sono mera disponibilità, non sono res nullius. Non si catturano, non si maltrattano, non si avvelenano. Sono parte eminente del “meraviglioso concerto” di cui godiamo e partecipiamo tutti. Sono sé stessi e, al contempo, l’intero mondo di relazioni ed ecologia al quale ci rimandano, raccontandoci come funziona la vita e persino come funzionano, nel bene e nel male, le nostre società.
Valgono molto più di quello che, ad oggi, dopo tanta scienza, storia, filosofia, abbiamo compreso.
*Direttore generale Lipu – BirdLife Italia