Il reato di maltrattamento si configura solo quando c’è una lesione dell’integrità fisica dell’animale?
Il reato di maltrattamento di animali è previsto nell’ordinamento penale dall’articolo 544-ter c.p. che configura il maltrattamento nell’ ipotesi di lesione cagionata ad un animale ovvero di sottoposizione dello stesso a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche – sanzionato con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro- e dall’art. 727 c.p., rubricato “abbandono di animali”, che punisce, al comma 2, la condotta di colui il quale “detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze” con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Dunque, il giudice dovrà verificare se dalla condotta siano derivate lesioni o una grave sofferenza all’animale oltre che valutare l’elemento soggettivo (dolo, anche eventuale, o colpa) per inquadrare il reato maltrattamento nella corretta fattispecie tra quelle descritte.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, il reato in questione è integrato dalla condotta, anche occasionale e non riferibile al proprietario, di detenzione degli animali con modalità tali da arrecare agli stessi gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali.
Da ultimo, la sentenza della Suprema Corte, III sez. penale n. 10009/17 del 1° marzo scorso (che ha rigettato il ricorso di un’ imputata condannata per avere mantenuto, all’interno di un locale chiuso concesso in comodato d’uso, 25 gatti selvatici e un cavallo, in condizioni ambientali incompatibili con la natura degli stessi animali, a causa delle quali essi avevano subito gravi sofferenze) ha confermato chiaramente un ulteriore passo avanti nella definizione della fattispecie del reato di maltrattamento di animali. Nella pronuncia viene infatti puntualizzato che, ai fini dell’integrazione del reato, non è necessario che l’animale riporti una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere anche soltanto in “meri patimenti” la cui inflizione sia non necessaria in rapporto alle esigenze della custodia e dell’allevamento dello stesso. La sentenza descrive le condizioni di stress degli animali, configuranti la sofferenza, con le seguenti parole: “condizioni di fortissimo disagio degli animali estremamente reattivi e fobici”.
In conclusione per la configurazione del reato di maltrattamento è sufficiente la condizione di sofferenza anche soltanto psicologica dell’animale.