Il gatto domestico non è arrivato in Europa nel Neolitico con i primi agricoltori giunti dal Medio Oriente, come si è ritenuto finora, ma è stato introdotto più tardi – circa 2.000 anni fa – dal Nord Africa e si è poi diffuso seguendo gli spostamenti dell’esercito dell’Impero romano. Lo dimostra l’analisi di 87 genomi di gatti antichi e moderni, condotto da un team internazionale guidato dall’antropologo Claudio Ottoni e dal biologo Marco De Martino dell’Università di Roma Tor Vergata. Lo studio è sulla copertina di Science. Precedenti studi genetici avevano dimostrato che il gatto selvatico africano (Felis lybica lybica), attualmente diffuso in Nord Africa e nel Vicino Oriente, è l’antenato dei gatti domestici. La sepoltura di un gatto insieme allo scheletro completo di un essere umano risalente al 7500 a.C. a Cipro ha portato all’ipotesi che i gatti fossero stati domesticati nel Levante, durante il Neolitico preceramico (9600-7000 a.C.). I gatti potrebbero aver svolto il ruolo di controllori di animali infestanti e parassiti attirati dalle raccolte di grano delle prime comunità agricole. Una visione più tradizionale, basata su testimonianze iconografiche e funerarie risalenti al 2200 a.C. circa, indicava l’Egitto faraonico come luogo originario della domesticazione dei gatti. Tentativi di rendere i gatti domestici in Egitto potrebbero anche essere precedenti, nel periodo predinastico, intorno al 3700 a.C., come dimostra una sepoltura di due esemplari adulti e di quattro gattini nel sito di Hierakonpolis. “I nostri risultati – commenta Ottoni – suggeriscono che la diffusione dei gatti domestici sia avvenuta diversi millenni dopo il Neolitico, e probabilmente dal Nord Africa piuttosto che dal Levante. Le civiltà mediterranee durante il I millennio a.C. furono probabilmente i principali responsabili dello spostamento di F. l. lybica, che coinvolse almeno due popolazioni geneticamente distinte di origine nordafricana. Una popolazione – prosegue – comprendeva probabilmente gatti selvatici dell’Africa nord-occidentale che furono introdotti in Sardegna e fondarono le attuali popolazioni di gatto selvatico sull’isola. La seconda popolazione, che si è diffusa durante il periodo romano imperiale, contribuì al patrimonio genetico dei gatti domestici moderni europei”.
Editoriale
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