CASSAZIONE: COLLARE ELETTRICO REATO SOLO SE PROVOCA LESIONI AL CANE

La Cassazione ha annullato una multa di 2mila euro comminata dal Tribunale di Siena a un cacciatore sessantenne di Cetona: il suo cane di razza inglese – riporta Ansa – durante un controllo dei forestali nel mezzo di una battuta di caccia, era stato trovato con un collare elettrico al collo. Ad avviso del giudice toscano, il solo fatto che il cane indossasse il collare con gli elettrodi indicava che veniva maltrattato dal suo proprietario. Per la Suprema Corte, invece, la condotta vietata dalla legge “non è la mera apposizione sull’animale del collare elettronico, ma il suo effettivo utilizzo, nella misura in cui ciò provochi gravi sofferenze. In questo caso finito al vaglio dei giudici della Terza sezione penale, “secondo quanto accertato dal giudice di merito, i carabinieri forestali verificarono che l’imputato stava utilizzando il proprio cane per l’attività venatoria, il quale indossava due collari: uno per il richiamo acustico e uno munito di due elettrodi in grado di dare piccole scosse a distanza grazie a un telecomando, che, nella specie, non venne rinvenuto”. “A seguito di visita veterinaria – prosegue il verdetto 10758 – il cane fu trovato in buone condizioni di salute e senza segni cutanei all’altezza del collo, né furono accertate problematiche di udito cagionate, in ipotesi, dagli impulsi sonori”. Pertanto, ad avviso della Cassazione, la motivazione in base alla quale è scattata la multa “è errata laddove ha ravvisato la sussistenza del reato unicamente nel fatto che il cane indossasse il collare elettrico, senza verificare se, tramite il suo concreto utilizzo, siano state cagionate all’animale gravi sofferenze”. “L’insorgere di gravi sofferenze nell’animale”, spiega la Cassazione, è quello che richiede la norma – art. 727 cp sul maltrattamento degli animali – per far scattare la sanzione. “Nella vicenda in esame – concludono gli ‘ermellini’ – non solo tale accertamento è totalmente mancato, anche considerando che il telecomando con cui azionare a distanza il collare non è stato trovato nella disponibilità dell’imputato, ma emerge un elemento di segno opposto, stante l’accertata assenza di cicatrici sul collo del cane, sia di problematiche dell’ udito: elementi che, ove presenti, sarebbero stati indicativi non solo del concreto utilizzo del collare, ma anche, e soprattutto, delle gravi sofferenze patite dall’animale quale conseguenza di quell’utilizzo”. Così la condanna – inflitta il 15 gennaio 2020 – è stata stracciata “perché il fatto non sussiste”.

(Foto di repertorio)

Tag: animali, cane, Cassazione
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