Circa il 90 per cento dei pesci d’acquario marini venduti dai rivenditori online statunitensi proviene direttamente da popolazioni selvatiche, principalmente nel Pacifico occidentale e nell’Oceano Indiano. Lo stima uno studio, pubblicato sulla rivista Conservation Biology, condotto dagli scienziati del Thriving Oceans Research Hub presso l’Universita’ di Sydney e dell’Universita’ di Princeton. Il team, guidato da Bing Lin, ha analizzato i dati provenienti da quattro importanti rivenditori online di acquari con sede negli Stati Uniti. In totale, sono state considerate 734 specie, 655 delle quali provenivano esclusivamente da fonti selvatiche, e solo 21 erano disponibili tramite la sola acquacoltura. Circa due terzi di tutte le importazioni globali di pesci d’acquario, spiegano gli esperti, provengono dagli Stati Uniti, per cui e’ importante valutare la sostenibilita’ degli ecosistemi delle barriere coralline. In effetti, precisano gli studiosi, la reale percentuale di pescato in natura potrebbe essere addirittura piu’ elevata. La natura non regolamentata delle catene di approvvigionamento del pesce prelevato in natura comporta un rischio notevole per gli sforzi di conservazione. “Il nostro lavoro – commenta Lin – evidenzia la necessita’ di una maggiore tracciabilita’ e una migliore supervisione normativa, affinche’ gli esemplari da acquario provengano da fonti responsabili e sostenibili. I consumatori non hanno attualmente modo di sapere se il pesce che acquistano e’ stato prelevato in modo sostenibile”. Il lavoro dimostra che molte specie comunemente commercializzate, tra cui labridi, pesci pagliaccio e ghiozzi, vengono raccolte nelle barriere coralline tropicali, spesso nell’Indo-Pacifico, ponendo motivi di seria preoccupazione per gli ecosistemi marini che dipendono da queste specie. Gli scienziati hanno rilevato che 45 taxa nell’indagine avevano un interesse conservazionistico, e di queste 38 provenivano esclusivamente da animali selvatici. In aggiunta, i ricercatori hanno evidenziato che i pesci d’acquario allevati in acquacoltura costano in media il 28,1 per cento in meno rispetto agli esemplari catturati in natura. “Il fatto che i pesci d’acquacoltura siano spesso piu’ economici di quelli pescati – afferma Lin – suggerisce che le alternative sostenibili non solo sono possibili, ma anche redditizie. Le preferenze dei consumatori, gli ostacoli tecnici e biologici all’allevamento e le filiere poco chiare continuano ad alimentare la domanda di pesce pescato. Investire e sostenere l’acqua coltura, pero’, potrebbe contribuire a migliorare il tasso di sostenibilita’ di questa attivita’”.
Editoriale
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