CLIMA, 21 MILIONI DI ITALIANI A RISCHIO ALLUVIONE

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“Se qualcuno per caso incappasse nelle immagini in bianco e nero, scattate ormai molti anni fa, e si decidesse, muovendosi in Valfloriana in provincia di Trento, a cercare Ischiazza, al suo arrivo troverebbe i ruderi cristallizzati dal tempo. Ischiazza ha infatti smesso di vivere nel 1966. A migliaia di chilometri di distanza, dalla parte opposta del Paese, ovvero in Calabria, se qualcun altro intendesse compiere lo stesso tipo di viaggio e si avventurasse alla ricerca di Pentedattilo, troverebbe lo stesso tipo di paesaggio. Da Ischiazza alla Romagna, passando dalle alluvioni in Campania e nelle Marche, è lunga la conta della natura che riplasma il territorio ma soprattutto della storia di tante pulviscolari migrazioni. Il moto di chi perde tutto e deve ricominciare: sfollati prima, migranti dopo. Come scrive Virginia Della Sala nel libro “Migrare in casa” (Edizione Ambiente) per stigmatizzare il rischio spopolamento di intere aree del nostro Paese basta riprendere le parole di Danilo Montevecchi, uno dei rappresentanti dei comitati faentini e della Romagna, quando spiega che nel suo territorio: «Ci sono famiglie che hanno subito danni fino a 100mila euro, cosa faranno? Il rischio è che abbandonino il territorio e i loro quartieri».(…) sono migliaia gli italiani che, sempre di più negli ultimi anni, sono stati costretti a trasferirsi perché vittime di quelle che i report definiscono “le catastrofi ambientali”. È questa una conta non semplicissima di cui tuttavia possiamo comunque avere una misura incrociando fonti diverse. Un primo punto di partenza possono essere i numeri dell’Internal displacement monitoring centre (Idmc), il Centro di monitoraggio degli spostamenti interni. Si tratta di un progetto nato nel 1998 come parte del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), che è oggi accreditato come la principale fonte mondiale di dati e analisi sul movimento interno ai confini degli abitanti dei diversi Paesi. Per quanto riguarda l’Italia, l’Idmc ci dice che dal 2008 al 2022 gli spostamenti interni sono stati 147mila, gran parte dei quali dovuti a eventi sismici. Se però si analizzano i numeri relativi alle voci “Alluvione”, “Movimenti di massa secca e bagnata”, “Incendio e tempesta”, il dato degli sfollati interni, temporanei e non, arriva a 28.400 che diventa 71mila, il doppio, nel 2023 (…) tra il 1973 e il 2022 i morti sono stati 1616, i dispersi 40, i feriti 1.867 e gli sfollati 334.245. Se poi si considera il periodo compreso tra il 2019 e il 2022, gli sfollati sono stati 55.917 (91 i morti e 139 feriti). E più di recente da gennaio a luglio di quest’anno le persone allontanate dalla propria abitazione sono state 655 (sette i morti, cinque i feriti)”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Un pericolo, allora, ripetuto nel tempo e non affatto territorialmente circoscritto. Per comprenderlo bisogna incrociare due mappe. La prima è quella dell’Ispra, in questo caso si tratta del report dal titolo “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio”, che è datato 2021 ma che resta ancora attuale perché il prossimo sarà divulgato nel 2025 e perché è questo, come spiegano i ricercatori, un genere di focus che non subisce stravolgimenti. E allora vediamo che le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia rappresentano il 5,4% di tutto il territorio nazionale, che raggiungono il 29,4% se si aggiungono il 10% delle aree a pericolosità media e il 14% a pericolosità bassa. Una percentuale che vista così dovrebbe rassicurare. In realtà se torniamo ai dati del Cnr e prendiamo in esame tanto il periodo 1973/2022 che il 2019/2023 che l’ultimo semestre emerge che le regioni colpite sono tutte le venti regioni italiane, di fatto nessuna porzione del nostro territorio è stata risparmiata. Determinando di conseguenza un coinvolgimento della popolazione importante. Per quanto riguarda il pericolo alluvione gli italiani che vivono in un’area ad elevato rischio sono 2,4 milioni, in area a medio rischio sono 6,8, a basso rischio oltre 12,2: in totale più di 21 milioni. Oltre le persone, poi, a questo genere di rischio risultano esposte 226mila imprese. Se invece viene preso in considerazione il rischio frana, le persone potenzialmente in pericolo sono 5,7 milioni.

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